La verità sulla stanchezza: perché il tuo cervello ti mente durante la corsa.

La verità sulla stanchezza: perché il tuo cervello ti mente durante la corsa

Immagina il tuo cervello come un controllore di volo in una torre di controllo super affollata. Ha davanti a sé decine di schermi, ognuno con dati vitali: battito cardiaco, temperatura corporea, livello di ossigeno. Il suo compito? Tenere tutto sotto controllo e prevedere cosa succederà nei prossimi minuti.

Funziona alla perfezione quando sei sul divano a guardare una serie TV. Ma quando inizi a correre, soprattutto quando spingi il ritmo oltre la tua zona di comfort, questo controllore di volo inizia a entrare nel panico. E quando il cervello va in panico, indovina chi paga il conto? Tu, con quella sensazione che tutti i runner conoscono bene: “Non ce la faccio più”.

La scienza dietro il muro invisibile

Come racconta un articolo di Outside, i ricercatori dell’Università di Brighton, guidati da Jeanne Dekerle, hanno scoperto qualcosa di rivoluzionario sulla stanchezza. Non è quello che hai sempre pensato. Non è solo questione di muscoli che non rispondono più o di fiato che manca. È il tuo cervello che perde fiducia nella sua capacità di gestire la situazione.

Si chiama “elaborazione predittiva” ed è un meccanismo incredibilmente sofisticato. Il tuo cervello non aspetta che arrivino i problemi, li anticipa. È come avere un meteorologo personale che cerca di prevedere se riuscirai a mantenere l’equilibrio interno del tuo corpo nei prossimi chilometri.

Come funziona il meccanismo della previsione

Pensa a quando prepari il caffè al mattino. Ogni gesto è automatico perché il tuo cervello ha già previsto ogni movimento. Sa esattamente quanta forza serve per aprire il barattolo, quanta acqua mettere nella caffettiera, quanto tempo aspettare. È una routine consolidata.

Il problema sorge quando corri per chilometri e chilometri. Il cervello cerca di mantenere il corpo in uno stato di equilibrio – quello che gli scienziati chiamano “omeostasi” – ma i parametri iniziano a sballare. Il cuore batte troppo forte, la temperatura sale, l’acidità del sangue cambia. Improvvisamente, tutte le previsioni del cervello vanno a farsi benedire.

È in quel momento che nasce la stanchezza vera: non è il corpo che si arrende, è il cervello che dice “non so più cosa succederà nei prossimi minuti, meglio rallentare”.

Sforzo e fatica: due nemici diversi

Qui la scoperta diventa davvero interessante. Gli scienziati hanno capito che quello che proviamo durante una corsa lunga non è una sensazione unica, ma un cocktail di percezioni diverse. E riconoscerle può cambiare il tuo modo di correre.

Lo sforzo

Lo sforzo è quella sensazione di “quanto è dura questa salita” o “le mie gambe stanno per non farcela più”. È immediato, brutale, onesto. Samuele Marcora dell’Università di Bologna, uno dei massimi esperti mondiali, lo definisce come “la sensazione cosciente di quanto l’esercizio sia difficile, pesante e faticoso”.

La cosa bella dello sforzo? Appena ti fermi, scompare. È come spegnere un interruttore. Ti siedi, respiri, e nel giro di pochi secondi quella sensazione di peso sulle gambe se ne va.

La fatica

La fatica è più subdola. È quel senso di impotenza che ti rimane anche dopo esserti fermato. Dekerle la descrive come “una sensazione che la tua capacità di affrontare stress fisici o mentali stia diminuendo”. È la voce che ti sussurra “non ce la farai mai” anche quando tecnicamente potresti continuare.

La fatica è collegata alla tua autoefficacia, cioè a quanto credi nelle tue capacità.Dipende da mille variabili: quanto manca al traguardo, quanta strada hai già fatto, quante volte in passato sei riuscito a completare una distanza simile, quanto sei motivato quel giorno.

Un cambio di prospettiva radicale

Sapere distinguere tra sforzo e fatica non è un esercizio accademico, è una capacità che può trasformare le tue corse. Ti permette di capire quando il tuo corpo sta davvero chiedendo una pausa e quando invece è solo il cervello che sta facendo i capricci.

Quando è sforzo (e quindi puoi continuare)

Se senti che le gambe bruciano ma hai ancora fiducia di poter arrivare al traguardo, probabilmente stai vivendo principalmente lo sforzo. È intenso, è fastidioso, ma è gestibile. Puoi decidere di rallentare il ritmo, modificare la respirazione, o semplicemente accettare che faccia parte del gioco.

Quando è fatica (e devi ascoltarla)

Se invece senti che la tua fiducia sta crollando, che hai perso la connessione con il tuo corpo, che non riesci più a immaginare di arrivare alla fine, allora probabilmente è la fatica che sta prendendo il sopravvento. In questo caso, fermarsi non è un fallimento, è intelligenza.

Come allenare il cervello a fidarsi delle tue percezioni

La scoperta più importante di questa ricerca è che la stanchezza non è solo un fatto fisico, ma anche mentale. E se è mentale, si può allenare.

Costruisci la tua biblioteca di successi

Ogni volta che completi una corsa difficile, stai dicendo al tuo cervello: “Vedi? Ce l’abbiamo fatta”. Questa esperienza diventa parte della tua “biblioteca personale” di prove che sai gestire lo sforzo. Più esperienze positive accumuli, più il tuo cervello imparerà a fidarsi delle sue previsioni quando la situazione si fa difficile.

Pratica la consapevolezza durante la corsa

Invece di subire passivamente le sensazioni che arrivano, prova a osservarle. “Ok, sento che il cuore sta accelerando, ma posso gestirlo. Sento che le gambe sono pesanti, ma ho già vissuto questa sensazione e sono sempre arrivato in fondo”.

È come diventare il narratore della tua corsa invece che solo il protagonista che subisce gli eventi.

Allenati progressivamente

Il cervello impara dalle esperienze ripetute. Se ogni volta che senti fatica ti fermi immediatamente, stai insegnando al tuo controllore di volo interno che quella sensazione significa “pericolo, devi fermarti”. Se invece gradualmente ti abitui a gestire livelli crescenti di disagio, il cervello inizierà ad avere più fiducia nelle sue capacità predittive.

Il potere della consapevolezza

Una cosa interessante emersa dalla ricerca è che nominare e riconoscere le proprie sensazioni può aiutare, ma bisogna stare attenti a non esagerare. Come ha scoperto uno studio di Harvard, a volte analizzare troppo le emozioni negative può renderle più persistenti.

Il segreto è trovare l’equilibrio: essere consapevoli senza diventare ossessivi, riconoscere i segnali senza amplificarli.

La strategia del “Nota e continua”

Quando senti arrivare la stanchezza, prova questa tecnica:

  1. Riconosci: “Ok, sto sentendo fatica”
  2. Categorizza: “È sforzo fisico o perdita di fiducia?”
  3. Decidi: “Posso continuare con questo ritmo o devo adattarmi?”
  4. Agisci: modifica il passo, cambia la respirazione, o semplicemente continua sapendo che è normale.

Il cervello è tuo alleato

La scoperta più rivoluzionaria di questa ricerca non è che il cervello ci ostacola, ma che possiamo imparare a collaborare con lui. Non è un nemico da sconfiggere, ma un sistema di sicurezza sofisticato che cerca di proteggerci.

La prossima volta che senti quella voce interiore che ti dice “basta”, fermati un attimo. Non per arrenderti, ma per capire. È davvero il tuo corpo che ha raggiunto il limite, o è il tuo cervello che sta facendo una previsione troppo pessimista basandosi su informazioni incomplete?

Un dialogo costruttivo

Invece di combattere contro la stanchezza, prova a dialogare con essa:

  • “Ok, cervello, so che stai cercando di proteggermi”
  • “Hai ragione, la situazione è impegnativa, ma possiamo gestirla”
  • “Abbiamo già superato momenti difficili come questo”
  • “Fidati di quello che abbiamo costruito insieme negli allenamenti.”

La Verità che Cambia Tutto

Ecco la verità che può trasformare il tuo modo di correre: la stanchezza non è sempre un segnale di stop, spesso è solo un segnale di incertezza. Il tuo cervello non sta dicendo “non puoi farcela”, sta dicendo “non sono sicuro di quello che succederà”.

E quando capisci questo, tutto cambia. Perché puoi iniziare a rispondere a quella incertezza non con la resa, ma con la fiducia costruita attraverso l’esperienza, l’allenamento e la conoscenza di te stesso.

La prossima volta che sarai lì, a metà di una corsa difficile, con il cervello che inizia a dubitare, ricordati: non è una battaglia da vincere, è un dialogo da costruire. Tra te e quella parte di te che vuole solo essere sicura che tutto andrà bene.

E forse, solo forse, riuscirai a correre non solo con le gambe, ma anche con la mente al tuo fianco.

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Articolo Pubblicato il 5 agosto 2025 su RunLovers di proprietà intellettuale di RunLovers ©

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